sabato 15 ottobre 2011

Tempi Bui - Ministri

Lasciare un segno. Ogni canzone dovrebbe aspirare a ciò. Mettendo in gioco il talento musicale, certo, ma anche la lucidità per guardarsi intorno e andare fino in fondo, descrivendo verità generazionali che travalicano le note. Li aspettavamo, i Ministri. Perché figli di quella parte di coscienza contemporanea stanca di promesse sul domani. I Ministri scendono dal treno in corsa verso il futuro e si mettono a sviscerare il presente. "Tempi Bui" è un concept album sui giorni nostri. Non c'è un altrove musicale, nè sguardi in orizzontale verso mondi immaginari. Si punta dritto all'oggi per vivisezionarlo in verticale, con la rabbia di chi non ce la fa più ad inventare scuse e poesie per sopravvivere, ma vuole risposte concrete prima di ripartire. Li guida una sorta di pessimismo costruttivo, lucido e reattivo. E si prendono la responsabilità di dire le cose. Di fare nomi e riferimenti schietti. Canzoni rock in italiano come negli anni novanta, ma senza revival. Un passo in avanti rispetto a quel piccolo ed incosciente gioiello che era "I soldi sono finiti". Un disco che scorre come un corpo unico, affrontando le tematiche del lavoro, della comunicazione sociale, della sopravvivenza quotidiana e della ricostruzione di un senso culturale ed economico. Rock duro e grezzo, alternativo come si faceva a Milano quindici anni fa. Molto semplice, essenziale. Con le chitarre ad alto volume, un ritmo tiratissimo ed un canto a tutta voce. Scomposti, violenti, diretti. Senza ghirigori intellettuali. Dritti al cuore della faccenda, con una voglia di interagire con le nostre radici culturali svelata negli sketches etnici e dialettali tra un brano e l'altro, che da apparenti corpi estranei si dimostrano legante concettuale di tutto il disco. I Ministri si servono di strutture tradizionali, spesso fatte di banale strofa e ritornello, ma le vestono di dirompente profondità emotiva, con un'intensità strumentale in cui riverberano reminescenze quasi grunge e sottilissimi impulsi wave punk. Nessuna sperimentazione, ma un alto livello di scrittura cantautoriale che veste sfoghi ed invettive. E lo sfondo politico, quando c'è, non è schierato, ma molto furbo. Il disco scorre di frenesia in frenesia, e pur con qualche tentativo di arrangiamento più complesso, sono chitarra-basso-batteria a far da padroni. Dal manifesto iniziale del singolo "Tempi bui", alla violenza accusatoria di "Bevo". Dalla rabbiosa rivendicazione sociale di "Diritto al tetto", all'allegoria distruttiva di "La casa brucia". C'è spazio anche per l'ironia pop di "La faccia di Briatore" e per la soffice melodia della "Ballata del lavoro interinale". E poi quel capolavoro de "Il bel canto", che parte sottovoce ed esplode in un crescendo che prende allo stomaco: pezzo magnifico. Certo, qualcosa ogni tanto perde bellezza, ma il progetto ha identità e guarda il nemico dritto negli occhi. Forse ancora un po' ermetici per parlare alle grandi folle, i Ministri hanno comunque l'occasione di conquistare uno spazio importante ed iniziare un percorso che potrebbe portarli a diventare uno dei cardini del rock italiano nei prossimi anni. Non è chiaro se sia questo il disco della svolta, la strada è lunga, ma la partenza è lanciata. E se davvero il futuro è una trappola come dicono loro, forse queste canzoni possono suggerire un modo per caderci con consapevolezza.


Tracklist

01. Tempi bui
02. Bevo
03. Il futuro è una trappola
04. La faccia di Briatore
05. Il bel canto
06. La casa brucia
07. Diritto al tetto
08. Berlino 3
09. E se poi si spegne tutto
10. Vicenza (la voglio anche io una base a)
11. Ballata del lavoro interinale 


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Fonte: Rockit

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