giovedì 26 luglio 2012

Verdena - Il Suicidio dei Samurai



Se fossero riusciti a mantenere il livello delle prime quattro canzoni, i Verdena avrebbero scritto il loro capolavoro. Purtroppo, alla distanza "Il Suicidio del Samurai" perde proprio in qualità. L'intento, peraltro riuscito, era quello di trovare un compromesso compositivo tra la schiettezza musicale del primo album e le sperimentazioni del secondo; per far ciò, la band bergamasca torna al lineare formato canzone di 4 minuti, relegando le dilatazioni strumentali solo in coda ai brani, e apre le porte del proprio pollaio adibito a studio di registrazione al tastierista Fidel Fogaroli, che arricchisce la musica Verdena di nuovi suoni.

Si inizia col botto grazie a "Logorrea", che in una manciata di minuti presenta alla perfezione il nuovo sound con cambio di ritmo, di melodia, batteria martellante e riff ossessivo, accordi in crescere e in discendere e assoli di chitarra distorta. In "Luna", primo singolo tratto dall'album, troviamo dei riferimenti al suono tipicamente Smashing Pumpkins, soprattutto nell'uso della chitarra che ricorda James Iha in "Siamese Dream"; il pezzo è scritto molto bene musicalmente, fluisce scorrevole con bellissimi passaggi strofa-ritornello, peccato per quel troppo breve assolo di chitarra, chiuso troppo velocemente, poco valorizzato, ma in linea con il desiderio del gruppo di contenersi.

L'arpeggio ipnotico di chitarra iniziale portato per mano dalla batteria e il crescendo melodico del pezzo rendono "Mina" uno dei brani migliori dell'album: il suono strizza l'occhio al passato prossimo dei Verdena, ma con una qualità sia vocale sia strumentale decisamente superiore. Azzeccatissima la scelta di concludere la canzone con un minuto tutto strumentale, in cui tastiere e chitarra distorta si incontrano in un assolo onirico. "Balanite" sembrerebbe un pezzo epico, per via dell'attesa che crea la musica (con un giro di basso marcato e reiterato quasi per tutta la durata del brano a cui si aggiunge la martellante batteria e il gioco tra chitarra e tastiere), in realtà nel momento di massima estensione il ritornello si trasforma in un lo-fi noise che non fa altro che posticipare l'attesa dell'esplosione che arriva solo nel finale. E' il brano in cui Alberto Ferrari offre la sua migliore prova come cantante, alternando delicatezze vocali a urla finali (bellissima l'idea di inserire la seconda voce sul "Prima o Poi" conclusivo), sempre con un'ottima interpretazione.

"Balanite" segna una linea di confine all'interno dell'album tra una prima parte di grande valore e una seconda di dispersione di idee, che purtroppo ne inficia il risultato finale. La monotonia rullante di "Elefante", una solo ascoltabile "Phantastica" e una "40 Secondi di Niente" di cui è apprezzabile il suono del basso suonato con convinzione sono pezzi minori non all'altezza della prima parte del disco.

Il livello torna alto quando ci si imbatte nell'ascolto di "Glamodroma", riuscitissimo pezzo che rielabora le sonorità di "Solo Un Grande Sasso" grazie a momenti di distensione strumentale con chitarre distorte, ottime tastiere e una sezione ritmica che detta il tempo in modo molto marcato, con il basso in evidenza. La parte centrale e finale è interamente occupata da una sorta di "brano nel brano" i cui suoni richiamano certi arrangiamenti stile Radiohead.

"17 Tir Nel Cortile" alterna momenti rilassanti a escursioni più rumorose, cresce ascolto dopo ascolto, ma anche in questa canzone si ha la sensazione che sarebbe bastato proprio poco per renderla perfetta.
"Far Fisa" riassume egregiamente tutto l'album: attenzione per la scansione strofa-ponte-ritornello, melodia perfetta (a tratti troppo pop soprattutto nel cantato delle strofe), e solo alla fine vengono liberate le mani, e le dita possono suonare e picchiare sugli strumenti alla ricerca della sperimentazione giusta.

Dai Verdena ci si aspetta sempre il massimo, si pretende sempre tanto. L'album non delude le aspettative, soprattutto nella prima parte; la sensazione è che la crescita di molte canzoni, che ora paiono noiose, troverà la giusta dimensione in sede live. Certo è che se in un album di 11 tracce ce ne sono almeno 7 di ottima fattura, vuol dire che stiamo parlando pur sempre di un buonissimo album.


Tracklist




  1. Logorrea (esperti all'opera) - 3:54
  2. Luna - 3:32
  3. Mina - 4:27
  4. Balanite - 4:47
  5. Phantastica - 4:01
  6. Elefante - 3:06
  7. Glamodrama - 6:27
  8. Far fisa - 4:23
  9. 17 tir nel cortile - 5:10
  10. 40 secondi di niente - 4:45
  11. Il suicidio del samurai - 4:28

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Fonte: Onda Rock

venerdì 20 luglio 2012

Il Pan del Diavolo - Piombo polvere e carbone



C'è un confine, oltrepassato il quale si diventa musicisti a tutti gli effetti. Nel senso che si hanno dei mezzi per produrre dischi di un certo livello, ci sono una serie di persone che lavorano al tuo fianco e tu, artista, puoi pensare principalmente a suonare. E, per dirla fuori dai denti, se il giochino funziona ci mangiano tutti, oppure nessuno.
Il successo del primo album “Sono all'osso” ha consentito a Il Pan Del Diavolo di compiere questo importante passo in avanti. Che ovviamente non vuol dire fare la vita da star, ma raggiungere quello che oggi è diventato il sogno reale di chi prova ad intraprendere la strada della musica, soprattutto in Italia: sbarcare il lunario suonando.
La moltitudine di date dal vivo ha 'costretto' Pietro Alessandro Alosi e Gianluca Bartolo a trasferirsi in quel di Roma per questioni logistiche: qui hanno cominciato a scrivere il nuovo album “Piombo polvere e carbone”, terminandolo poi in quel della loro Palermo. Al loro fianco ancora una volta Fabio Rizzo come produttore, JD Foster (Calexico, Capossela) al mixer e la grande novità, ovvero i due musicisti Antonio Gramentieri e Diego Sapignoli (Sacricuori, Hugo Race, Marc Ribot).
E il cambiamento si sente. La prima cosa che si nota ascoltando il secondo capitolo discografico del duo siciliano è il suono più corposo, pieno, evoluto verso quello di una vera band. Con i suoi pro (la qualità) ed i suoi contro (la perdita di un po' di quella veracità e sfrontatezza che caratterizzò il primo album).
“Piombo polvere e carbone” è quindi un disco meno immediato e irruento del suo predecessore, anche se ovviamente gli ingredienti principali rimangono bluegrass, rhythm and blues, cantautorato ed un pizzico di psichedelia, ma soprattutto è un lavoro che ha bisogno di più tempo per essere assimilato.
Ci sono episodi in cui si sente chiaramente come Il Pan Del Diavolo si sia trasformato, con appunto un sound più aperto e curato: come in “Scimmia urlatore”, nel primo bel singolo “La velocità” (con un ritornello che si appiccica in testa), “Libero”, gli ottimi echi western di “Vento fortissimo”, la romantica “Fermare il tempo” e la conclusiva ballata “La differenza tra essere svegli e dormire”.
In altri, invece, la sostanza è più vicina all'esordio, a quella botta in faccia urlata da Alosi: funzionano benissimo brani come l'iniziale “Elettrica”, la title-track e l'esplosiva “Dolce far niente”.
Quando si esordisce con una formula così originale come fece Il Pan Del Diavolo nel 2010, è difficile ripetersi con uguale forza. Ecco, l'errore che si può fare avvicinandosi a questo disco è quello di cercare la stessa sensazione provata la prima volta, di volersi bruciare con quella fiamma che solo un colpo di fulmine può accendere. Alosi e Bartolo ne hanno passate, sono cresciuti e la loro musica è di conseguenza cambiata. “Piombo polvere e carbone” è meno diretto, più maturo e forse per questo meno accattivante, ma è quella storia che forse mentre neanche te ne accorgi può restarti accanto per molto tempo.



Tracklist

1. Elettrica
2. Scimmia urlatore
3. Donna dell'Italia
4. La velocità
5. Piombo polvere e carbone
6. Dolce far niente
7. Vento fortissimo
8. Libero
9. Fermare il tempo
10. La viliore
11. La differenza fra essere svegli e dormire


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Fonte: rockol.it